Schiava bambina in un tempio della religione tradizionale nel suo paese nativo, il Ghana, secondo un'usanza chiamata Trokosi, è stata costretta a lavorare senza essere pagata, senza cibo o vestiti, e a fornire prestazioni sessuali al sant’uomo, sacerdote del tempio. È riuscita a fuggire diciassette anni più tardi all'età di ventitré anni. Trokosi viene da una parola Ewe che significa “schiava degli dei”, ed è una pratica religiosa e culturale secondo la quale le ragazzine, più che altro vergini, vengono mandate a servizio per tutta la vita per espiare i presunti crimini dei loro parenti. Nel 1997, si è stimato che approssimativamente cinquemila ragazzine e donne erano segregate in 345 templi nella parte sud est del Ghana.
Grazie alla coraggiosa fuga di Juliana Dogbadzi e al suo impegno nel denunciare il sistema, la pratica Trokosi in Ghana è stata bandita; comunque, l'applicazione della legge contro la Trokosi è ancora labile. Nel 1997 Juliana Dogbadzi ha ricevuto il Reebok Human Rights Award.
La Dogbadzi si batte per l’abolizione di questa pratica, gira tutto il paese, e incontra le schiave cercando di spiegare loro che è possibile tornare libere; ed è sempre meno sola nella sua coraggiosa presa di posizione.
Grazie alla coraggiosa fuga di Juliana Dogbadzi e al suo impegno nel denunciare il sistema, la pratica Trokosi in Ghana è stata bandita; comunque, l'applicazione della legge contro la Trokosi è ancora labile. Nel 1997 Juliana Dogbadzi ha ricevuto il Reebok Human Rights Award.
La Dogbadzi si batte per l’abolizione di questa pratica, gira tutto il paese, e incontra le schiave cercando di spiegare loro che è possibile tornare libere; ed è sempre meno sola nella sua coraggiosa presa di posizione.
"Ci sono altre donne ancora nel tempio e hanno bisogno di aiuto. Nessuno può rappresentarle meglio di chi è stato e ha vissuto il loro stesso dolore..."
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