Le donne indiano americane sono in rivolta contro la parola "squaw" perché sanno che nelle parole sta il potere, e nei nomi che i forti appiccicano ai più deboli sta la manifestazione della loro oppressione. Si sono stancate di essere conosciute come squaw. Nell´accezione comune dare a una donna della squaw significa riferirsi ai suoi genitali. è considerato l´equivalente di fighetta.Nella sua forma distorta e fonetica, appunto «squaw», fu adottata avidamente dai primi cacciatori bianchi, dai coloni, dai mercanti, dai soldati, che le diedero il significato di un semplice oggetto dei loro desideri. Il grido di Squaw! Squaw! lanciato dai conquistatori eccitati all´assalto delle donne urlanti negli accampamenti fu addirittura collegato al sesso opposto, ai genitali maschili, brandito nell´inseguimento delle vittime.
La «rivolta delle squaw» contro la parola divenuta parolaccia è più della solita battaglia per la political correctness, per quella, spesso stucchevole, semantica dell´eufemismo che ha vietato da tempo, almeno in pubblico, l´uso di epiteti come negroe per gli afro-americani, mick per gli irlandesi, spic per gli ispanici, raghead o camel fucker, testa di stracci e amatore di cammelli per gli arabi, wop. da «senza documenti» o greaseball, palla di brillantina unta, per gli italiani.
Per questo, ben sapendo che cosa avevano in mente i was´ichu, i bianchi quando gridavano «squaw», le 55 tribù, oggi ben finanziate dai proventi dei casinò aperti nelle riserve e nei territori non sottoposti alla giurisdizione federale, vogliono cancellare la parola dalla toponomastica che l´ha immortalata in valli, picchi e terre del West.
«Mantenere l´uso di quel che nome che ci offende e che tutti sappiamo benissimo a cosa allude, dopo avere bandito altri epiteti come nigger o jap o gooks riferiti a neri e asiatici, significa soltanto riconfermare la storia e la condizione di inferiorità e di oppressione di tutti i nativi» ha sentenziato Ruby Bernal, la signora che rappresenta gli Shoshone.
(sintesi del testo di Vittorio Zucconi)http://www.ecologiasociale.org
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